Giovani in agricoltura.
Buon pranzo con i doni che sora nostra madre terra con generosità ci offre.

lunedì 2 dicembre 2013

OFFERTE DEL CASEIFICIO MONTELLA 06/12/2013



L’OFFERTA MONTELLA CONTINUA

Mozzarella e o bocconcini di mucca  euro 6,00 al kg. 
Confezioni in buste da 250 gr. e da  500 gr.

Mozzarella e o bocconcini di bufala euro 8,50 al kg.
Confezioni in buste da 250 gr. e da 500 gr.

Scamorza  di latte vaccino euro 7,00 al kg.
Pezzatura 320 gr. e o 630 gr.

Provola affumicata di mucca euro 7,00 al kg.
Confezioni in busta da 250 gr   e da  500 gr.

Ricotta fresca di mucca  euro 3,90 al kg.
Fuscella da 500 gr.


Nei due Venerdì 15 e 22 Novembre gli amici del Gruppo acquisto Baronissi (GAB) hanno fruito dell’offerta del caseificio Montella. Il giorno 29 l’offerta è andata in coda alle proposte. Non “trovandola” si è pensato che l’offerta fosse chiusa.

L’offerta, invece, continua. Con il titolare, signor Umberto Montella, vogliamo compiere un percorso di riscoperta di un prodotto di assoluta tipicità: il “Fior di Latte”, parte integrante del patrimonio lattiero caseario della terra d’origine della sua famiglia: Tramonti.

Tramonti, la patria del fior di latte, è ubicata nei monti Lattari. Il nome è tutto un programma: un luogo elettivo di produzione di un latte dalle qualità organolettiche e nutritive così straordinarie da far diventare la zona un punto di riferimento per tutta l’attività casearia della Campania: da qui si è diffuso nel mondo come latticino d’eccellenza.
Da Tramonti il papà di Umberto trasferì l’arte del casaro nella frazione Bolano di Fisciano.
Oggi, per il “Fior di latte” si aprono nuovi interessanti scenari. Con il disciplinare di produzione, la denominazione di origine protetta (DOP) “Fior di latte dell’Appennino Meridionale” e' riservata
esclusivamente al formaggio fresco a pasta filata, molle, a fermentazione lattica, prodotto durante tutto il periodo dell'anno con latte di vacca proveniente dalle aziende del territorio delimitato all'art. 3, rispettando le norme dettate dal disciplinare di produzione.

La produzione di formaggi da latte di vacca nell'Italia meridionale e' documentata fin dall'antichità dai testi di autori latini quali Plinio e Columella: quest'ultimo nel suo "De re rustica" (lib. VII, 8), come riporta Savini (in "I formaggi di pasta filata" Soc. Arte della stampa, Roma 1937), parla di un "formaggio premuto a mano ... che ... rappreso dentro il mastello mentre e' intiepidito, si taglia e, sopra gettatisi l'acqua bollente o gettatovisi con le mani spreme in forma di bozzo ...". Tale descrizione riflette compiutamente in modo sintetico la tecnologia di preparazione delle paste filate; tuttavia solo a partire da tempi a noi più vicini si riesce ad avere una definizione più precisa delle tipologie casearie prodotte ed a documentare l'uso di nomi di formaggi da cui derivano quelli attuali. Questi formaggi freschi a pasta filata nascono nelle regioni meridionali per l'esigenza dei produttori di ottenere un prodotto che, tenuto conto del contenuto proteico e di estratto secco relativamente bassi del latte raccolto, consenta rese più elevate in formaggi, e a causa del clima
caldo, in quanto il latte risultava inidoneo per altri formaggi. Il "Fior di Latte Appennino Meridionale" e' un formaggio tipico del caseificio meridionale da tempi lontani, tuttavia e' difficile datare con precisione tale origine. Nel periodo verso gli anni 50 del secolo scorso, nell'intento di semplificare la differenziazione delle produzioni casearie a pasta filata fresca, si e' iniziato a chiamare fior di latte le "mozzarelle" prodotte con latte di vacca. In un dettagliato scritto intitolato "Monografia del fior di latte" ("il latte", 32 1958) Marracino descrive lavorazione e caratteristiche di questo formaggio, proprio al fine di "affermare sempre più il concetto di distinguere nettamente i due latticini, di seguito indicati ambedue di pasta filata molle, riservando il nome di fior di latte a quello derivato da latte di vacca, ed il nome di mozzarella a quello derivato da latte di bufala". Negli anni 60, sempre del secolo scorso, tale distinzione diventa definitiva anche in atti ufficiali, tant’è' che la qualificazione fior di latte distinta da quella di mozzarella compare in studi degli ispettori delle
imposte dirette (Boll. Trib. d'lnf. pag. 1930 e seg., 1967). I territori della denominazione tradizionale "Fior di Latte Appennino Meridionale" si estendono sui versanti orientale ed occidentale dell'Italia meridionale, con le loro propaggini fino alle pianure costiere. La denominazione geografica "appennino meridionale" non e' altro, quindi, che l'espressione di quanto implicitamente si e' sempre inteso con il termine fior di latte, un formaggio tipico, cioè', che si produceva e si continua a produrre nell'area tradizionale dell'Appennino meridionale, nella sua accezione sopra riportata. L'origine e' comprovata, inoltre, dai seguenti adempimenti cui si sottopongono i produttori/trasformatori/raccoglitori del latte e del formaggio "Fior di Latte Appennino Meridionale": iscrizioni ad un apposito registro degli allevatori/produttori di latte; iscrizioni ad un apposito registro dei raccoglitori di latte; iscrizioni ad un apposito registro dei trasformatori; tenuta di appositi registri di produzione e raccolta. Al fine di assicurare la tracciabilità del prodotto, a cura del caseificio devono essere predisposte e mantenute attive procedure per la gestione della eventuale fase di stoccaggio del latte, nonchè adeguata documentazione che consenta di riferire le masse conservate alla loro provenienza. Per tutte le fasi
rilevanti della trasformazione del latte in formaggio, il caseificio deve avere cura di documentare, mediante opportune registrazioni, la rispondenza dei processi e delle metodologie applicate ai requisiti previsti per la denominazione formaggio "Fior di Latte Appennino Meridionale".

Il legame con il territorio e l'ambiente di produzione del "Fior di Latte Appennino Meridionale" e'
determinato da una pluralità' di fattori fra i quali possiamo ricordare la specificità' del latte, che presenta aromi e sapori propri legati all'alimentazione delle vacche con essenze foraggiere tipiche dei due versanti dell'Appennino meridionale. Fra queste essenze spiccano il Trifolium incarnatum (trifoglio rosso) che e' una componente essenziale degli erbai misti a ciclo autunno vernino. Altra essenze diffusa in tutta l'area del comprensorio del "Fior di Latte Appennino Meridionale" e' il Trifolium subterraneum, autoseminante, con foglie di un bel verde marcato. In tutti gli erbai misti autunno vernini, pero' la componente piu' importante e' rappresentativa e' costituita da ecotipi della veccia, una foraggera papilionacee autoctona, coltivata insieme all'avena ed al trifoglio incarnato, che e' stata assunta a contrassegno del formaggio (Vicia sepium). Il ciclo colturale del territorio delimitato e' completato da cereali a semina primaverile -estiva, che, allo stato fresco o
conservato, concorrono al soddisfacimento alimentare dei bovini. L'ambiente pedoclimatico dell'Appennino meridionale, pur essendo strutturalmente complesso, sotto l'aspetto agro-zootecnico ha una sua unita' riconducibile alle influenze caratteristiche del clima mediterraneo, che ne condiziona le colture e a stessa vita degli animali. Questa sostanziale unita' fa si' che la produzione del latte risente sensibilmente dei fattori locali e si differenzi quindi apprezzabilmente dalle produzioni di altri territori al di fuori dell'area delimitata. L'uso del siero innesto naturale, che esalta quindi al massimo le microflore autoctone derivanti dalle specifiche materie prime e tecnologie di caseificazione adottate, e' un secondo fattore di identità' di questo formaggio. La microflora lattica del latte crudo dell'area di produzione del "Fior di Latte Appennino Meridionale" è costituita da batteri lattici mesofili e termofili, cioe' da batteri lattici che si sviluppano a
temperature comprese tra i 10 ed i 30 °C (i mesofili) cioè' alla temperatura del latte prima del riscaldamento, ed a temperature maggiori (i termofili), durante tale fase. Caratteristica del "Fior di Latte Appennino Meridionale" e' la forte presenza di microflora altamente aromatizzante, che determina il tipico gusto del prodotto. Il siero innesto, infatti, e' una coltura di batteri lattici che, aggiunti al latte prima di ogni lavorazione, contribuiscono alla sua trasformazione in prodotti lattieri attraverso le loro attività' enzimatiche, tra le quali, in primo luogo, la capacità di fermentare il lattosio ad acido lattico e di sviluppare composti aromatici. Nella zona geografica delimitata, quindi, esiste una comune tecnologia che privilegia la naturalità della produzione. Infatti, il siero innesto naturale rappresenta il continuo ed ininterrotto legame microbiologico con il territorio, in quanto tramanda al giorno successivo la microflora del giorno precedente: il siero è, di fatto, l'anello di congiunzione che collega una caseificazione all'altra, giorno dopo giorno (come
il lievito per il pane).

Seguendo le indicazioni del disciplinare di produzione c’è, dunque, molto da fare e scoprire.
Il GAB tenendo come punto di riferimento il maestro casaro Umberto Montella, si muoverà in due aree dell’Appennino meridionale: i Lattari con Tramonti; il pianoro di Tardiano.

Anche se viene comunemente chiamato "mozzarella" non è da confondere con la mozzarella nel senso stretto che identifica il formaggio a pasta filata fatto esclusivamente con latte di bufala campana, mentre il fior di latte è un tipo di formaggio fresco a pasta filata prodotto con latte di mucca intero.
E' privo di crosta ma ricoperto da una sottile pellicola liscia e lucente, di colore bianco latte. Ha struttura fibrosa, costituita da più foglie sovrapposte, e rilascia al taglio e per leggera compressione, un liquido lattiginoso.
Il Fior di latte, grazie alla particolare malleabilità, può essere lavorato facilmente senza essere spezzato e può assumere diverse forme: tondeggiante, nodino, ciliegina, bocconcino e treccia.
Il sistema di produzione segue diverse fasi.
Il latte crudo è portato a una temperatura di 38°C e viene inserito un siero che deriva dal latte di vaccino crudo precedentemente lavorato.
A questo punto viene aggiunto caglio liquido di vitello; lo si lascia coagulare per 20-40 minuti. Quindi, si ottengono piccoli granuli di dimensioni di una nocciola, attraverso la rottura della cagliata.
In seguito avviene la maturazione della cagliata attraverso un processo di fermentazione naturale nel giro di 3-5 ore a partire dall’aggiunta del caglio.
La cagliata viene quindi ridotta in listerelle all’interno di recipienti nei quali viene lavorata con l’aggiunta di acqua quasi bollente. Si passa alla fase della mozzatura e filatura. Infine, i pezzi ottenuti vengono fatti rassodare attraverso l’immersione in appositi recipienti pieni di acqua fredda, e poi vengono sottoposti a salatura.

I prodotti, preparati per la due giorni di degustazioni, comprendono un'ampia varietà di formaggi ma anche ricotta e l'inconfondibile provola affumicata. Un prodotto che si realizza con la stessa cagliata del fior di latte, ma con due importanti differenze: la consistenza della pasta e la salagione che avviene rigorosamente in salamoia.
Con questo metodo la lavorano tutti i casari di Tramonti, molti dei quali, tra le loro delizie, annoverano anche provoloni stagionati che in qualche caso superano i 4 kg. Bocconcini e caciocavalli (comprese le trecce) completano poi il paniere i cui sapori sono senza dubbio da 10 e lode.


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