L’OFFERTA MONTELLA CONTINUA
Mozzarella e o bocconcini di mucca euro 6,00 al kg.
Confezioni in buste da 250 gr. e da 500 gr.
Mozzarella e o bocconcini di bufala euro 8,50 al kg.
Confezioni in buste da 250 gr. e da 500 gr.
Scamorza di latte vaccino euro 7,00 al kg.
Pezzatura 320 gr. e o 630 gr.
Provola affumicata di mucca euro 7,00 al kg.
Confezioni in busta da 250 gr e da 500 gr.
Ricotta fresca di mucca euro 3,90 al kg.
Fuscella da 500 gr.
Nei due
Venerdì 15 e 22 Novembre gli amici del Gruppo acquisto Baronissi (GAB) hanno
fruito dell’offerta del caseificio Montella. Il giorno 29 l’offerta è andata in
coda alle proposte. Non “trovandola” si è pensato che l’offerta fosse chiusa.
L’offerta, invece,
continua. Con il titolare, signor Umberto Montella, vogliamo compiere un
percorso di riscoperta di un prodotto di assoluta tipicità: il “Fior di Latte”,
parte integrante del patrimonio lattiero caseario della terra d’origine della
sua famiglia: Tramonti.
Tramonti, la patria del fior di latte, è ubicata nei monti Lattari. Il
nome è tutto un programma: un luogo elettivo di produzione di un latte dalle
qualità organolettiche e nutritive così straordinarie da far diventare la zona
un punto di riferimento per tutta l’attività casearia della Campania: da qui si
è diffuso nel mondo come latticino d’eccellenza.
Da Tramonti il papà di Umberto trasferì l’arte del casaro nella frazione
Bolano di Fisciano.
Oggi, per il
“Fior di latte” si aprono nuovi interessanti scenari. Con il disciplinare di
produzione, la denominazione di origine protetta (DOP) “Fior di latte
dell’Appennino Meridionale” e' riservata
esclusivamente al formaggio fresco a pasta filata,
molle, a fermentazione lattica, prodotto durante tutto il periodo dell'anno con
latte di vacca proveniente dalle aziende del territorio delimitato all'art. 3,
rispettando le norme dettate dal disciplinare di produzione.
La produzione di formaggi da latte di vacca
nell'Italia meridionale e' documentata fin dall'antichità dai testi di autori
latini quali Plinio e Columella: quest'ultimo nel suo "De re rustica"
(lib. VII, 8), come riporta Savini (in "I formaggi di pasta filata"
Soc. Arte della stampa, Roma 1937), parla di un "formaggio premuto a mano ...
che ... rappreso dentro il mastello mentre e' intiepidito, si taglia e, sopra
gettatisi l'acqua bollente o gettatovisi con le mani spreme in forma di bozzo
...". Tale descrizione riflette compiutamente in modo sintetico la
tecnologia di preparazione delle paste filate; tuttavia solo a partire da tempi
a noi più vicini si riesce ad avere una definizione più precisa delle tipologie
casearie prodotte ed a documentare l'uso di nomi di formaggi da cui derivano
quelli attuali. Questi formaggi freschi a pasta filata nascono nelle regioni meridionali
per l'esigenza dei produttori di ottenere un prodotto che, tenuto conto del
contenuto proteico e di estratto secco relativamente bassi del latte
raccolto, consenta rese più elevate in formaggi, e a causa del clima
caldo, in quanto
il latte risultava inidoneo per altri formaggi. Il "Fior di Latte Appennino
Meridionale" e' un formaggio tipico del caseificio meridionale da tempi
lontani, tuttavia e' difficile datare con precisione tale origine. Nel periodo
verso gli anni 50 del secolo scorso, nell'intento di semplificare la
differenziazione delle produzioni casearie a pasta filata fresca, si e'
iniziato a chiamare fior di latte le "mozzarelle" prodotte con latte
di vacca. In un dettagliato scritto intitolato "Monografia del fior di
latte" ("il latte", 32 1958) Marracino descrive lavorazione e
caratteristiche di questo formaggio, proprio al fine di "affermare sempre
più il concetto di distinguere nettamente i due latticini, di seguito indicati
ambedue di pasta filata molle, riservando il nome di fior di latte a quello
derivato da latte di vacca, ed il nome di mozzarella a quello derivato da latte
di bufala". Negli anni 60, sempre del secolo scorso, tale distinzione
diventa definitiva anche in atti ufficiali, tant’è' che la qualificazione fior
di latte distinta da quella di mozzarella compare in studi degli ispettori
delle
imposte dirette (Boll. Trib. d'lnf. pag. 1930 e seg.,
1967). I territori della denominazione tradizionale "Fior di Latte
Appennino Meridionale" si estendono sui versanti orientale ed occidentale
dell'Italia meridionale, con le loro propaggini fino alle pianure costiere. La
denominazione geografica "appennino meridionale" non e' altro,
quindi, che l'espressione di quanto implicitamente si e' sempre inteso con il
termine fior di latte, un formaggio tipico, cioè', che si produceva e si
continua a produrre nell'area tradizionale dell'Appennino meridionale, nella sua
accezione sopra riportata. L'origine e' comprovata, inoltre, dai seguenti
adempimenti cui si sottopongono i produttori/trasformatori/raccoglitori del
latte e del formaggio "Fior di Latte Appennino Meridionale":
iscrizioni ad un apposito registro degli allevatori/produttori di latte;
iscrizioni ad un apposito registro dei raccoglitori di latte; iscrizioni ad un
apposito registro dei trasformatori; tenuta di appositi registri di produzione
e raccolta. Al fine di assicurare la tracciabilità del prodotto, a cura del
caseificio devono essere predisposte e mantenute attive procedure per la
gestione della eventuale fase di stoccaggio del latte, nonchè adeguata
documentazione che consenta di riferire le masse conservate alla loro
provenienza. Per tutte le fasi
rilevanti della trasformazione del latte in formaggio,
il caseificio deve avere cura di documentare, mediante opportune registrazioni,
la rispondenza dei processi e delle metodologie applicate ai requisiti previsti
per la denominazione formaggio "Fior di Latte Appennino Meridionale".
Il legame con il territorio e l'ambiente di produzione
del "Fior di Latte Appennino Meridionale" e'
determinato da una pluralità' di fattori fra i quali
possiamo ricordare la specificità' del latte, che presenta aromi e sapori propri
legati all'alimentazione delle vacche con essenze foraggiere tipiche dei due
versanti dell'Appennino meridionale. Fra queste essenze spiccano il Trifolium
incarnatum (trifoglio rosso) che e' una componente essenziale degli erbai misti
a ciclo autunno vernino. Altra essenze diffusa in tutta l'area del comprensorio
del "Fior di Latte Appennino Meridionale" e' il Trifolium
subterraneum, autoseminante, con foglie di un bel verde marcato. In tutti gli
erbai misti autunno vernini, pero' la componente piu' importante e' rappresentativa
e' costituita da ecotipi della veccia, una foraggera papilionacee autoctona,
coltivata insieme all'avena ed al trifoglio incarnato, che e' stata assunta a
contrassegno del formaggio (Vicia sepium). Il ciclo colturale del territorio
delimitato e' completato da cereali a semina primaverile -estiva, che, allo
stato fresco o
conservato, concorrono al soddisfacimento alimentare
dei bovini. L'ambiente pedoclimatico dell'Appennino meridionale, pur essendo
strutturalmente complesso, sotto l'aspetto agro-zootecnico ha una sua unita' riconducibile
alle influenze caratteristiche del clima mediterraneo, che ne condiziona le
colture e a stessa vita degli animali. Questa sostanziale unita' fa si' che la
produzione del latte risente sensibilmente dei fattori locali e si differenzi
quindi apprezzabilmente dalle produzioni di altri territori al di fuori
dell'area delimitata. L'uso del siero innesto naturale, che esalta quindi al
massimo le microflore autoctone derivanti dalle specifiche materie prime e
tecnologie di caseificazione adottate, e' un secondo fattore di identità' di
questo formaggio. La microflora lattica del latte crudo dell'area di produzione
del "Fior di Latte Appennino Meridionale" è costituita da batteri
lattici mesofili e termofili, cioe' da batteri lattici che si sviluppano a
temperature comprese tra i 10 ed i 30 °C (i mesofili)
cioè' alla temperatura del latte prima del riscaldamento, ed a temperature
maggiori (i termofili), durante tale fase. Caratteristica del "Fior di
Latte Appennino Meridionale" e' la forte presenza di microflora altamente
aromatizzante, che determina il tipico gusto del prodotto. Il siero innesto,
infatti, e' una coltura di batteri lattici che, aggiunti al latte prima di ogni
lavorazione, contribuiscono alla sua trasformazione in prodotti lattieri
attraverso le loro attività' enzimatiche, tra le quali, in primo luogo, la
capacità di fermentare il lattosio ad acido lattico e di sviluppare composti aromatici.
Nella zona geografica delimitata, quindi, esiste una comune tecnologia che
privilegia la naturalità della produzione. Infatti, il siero innesto naturale
rappresenta il continuo ed ininterrotto legame microbiologico con il
territorio, in quanto tramanda al giorno successivo la microflora del giorno
precedente: il siero è, di fatto, l'anello di congiunzione che collega una
caseificazione all'altra, giorno dopo giorno (come
il lievito per il pane).
Seguendo
le indicazioni del disciplinare di produzione c’è, dunque, molto da fare e
scoprire.
Il
GAB tenendo come punto di riferimento il maestro casaro Umberto Montella, si
muoverà in due aree dell’Appennino meridionale: i Lattari con Tramonti; il
pianoro di Tardiano.
Anche se viene comunemente chiamato "mozzarella" non è da confondere con la mozzarella nel senso stretto che identifica il formaggio a pasta filata fatto esclusivamente con latte di bufala campana, mentre il fior di latte è un tipo di formaggio fresco a pasta filata prodotto con latte di mucca intero.
E' privo di crosta ma ricoperto da una
sottile pellicola liscia e lucente, di colore bianco latte. Ha struttura
fibrosa, costituita da più foglie sovrapposte, e rilascia al taglio e per
leggera compressione, un liquido lattiginoso.
Il Fior di latte, grazie alla
particolare malleabilità, può essere lavorato facilmente senza essere spezzato
e può assumere diverse forme: tondeggiante, nodino, ciliegina, bocconcino e
treccia.
Il sistema di produzione segue
diverse fasi.
Il latte crudo è portato a una
temperatura di 38°C e viene inserito un siero che deriva dal latte di vaccino
crudo precedentemente lavorato.
A questo punto viene aggiunto caglio
liquido di vitello; lo si lascia coagulare per 20-40 minuti. Quindi, si
ottengono piccoli granuli di dimensioni di una nocciola, attraverso la rottura
della cagliata.
In seguito avviene la maturazione
della cagliata attraverso un processo di fermentazione naturale nel giro di 3-5
ore a partire dall’aggiunta del caglio.
La cagliata viene quindi ridotta in
listerelle all’interno di recipienti nei quali viene lavorata con l’aggiunta di
acqua quasi bollente. Si passa alla fase della mozzatura e filatura. Infine, i
pezzi ottenuti vengono fatti rassodare attraverso l’immersione in appositi
recipienti pieni di acqua fredda, e poi vengono sottoposti a salatura.
I prodotti, preparati per la due giorni di degustazioni, comprendono
un'ampia varietà di formaggi ma anche ricotta e l'inconfondibile provola
affumicata. Un prodotto che si realizza con la stessa cagliata del fior di
latte, ma con due importanti differenze: la consistenza della pasta e la
salagione che avviene rigorosamente in salamoia.
Con questo metodo la lavorano tutti i casari di Tramonti, molti dei quali,
tra le loro delizie, annoverano anche provoloni stagionati che in qualche caso
superano i 4 kg. Bocconcini e caciocavalli (comprese le trecce) completano poi
il paniere i cui sapori sono senza dubbio da 10 e lode.
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