Giovani in agricoltura.
Buon pranzo con i doni che sora nostra madre terra con generosità ci offre.

domenica 24 novembre 2013

A tutto Gaia …



A tutto Gaia …
Dopo le cipolle rosse e ramate in rete, Nicola Barbato patron dell’azienda Gaia in Borgo di Montoro Inferiore e uno dei produttori dell’O. P. Solco Maggiore, con sede ad Eboli e diretta da Antonio Vocca, mi propone per il GAB al costo di Euro 6:
1 kg di broccoli;
120 gr di rucola;
500 gr di spinacino;
120 gr di orientali;
500 gr di cipolle ramate;
150 gr di aglio dell’Ufita.

Rumino l’offerta e viene fuori un’idea da trasformare in progetto.



… con le autoctone e le orientali, la misticanza e il mallone del terzo millennio

Negli ultimi anni l’areale di coltivazione degli ortaggi da foglia da taglio, cosiddetti “baby leaf”, si sta estendendo, con sempre maggiore interesse, in diversi Paesi del Mediterraneo a causa della crescente domanda di prodotti ad opera delle industrie di IV gamma.
In Italia si osservano due siti principali di produzione individuabili, il primo nel Nord (Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia), dove si riscontrano anche le maggiori concentrazioni di stabilimenti di lavorazione e il secondo nel Sud (Campania - Piana del Sele, Puglia e Basilicata) nel quale si concentrano le produzioni invernali che spesso consentono di avere continuità di fornitura per gli stabilimenti del Nord.
In Campania la maggiore concentrazione colturale è ubicata in larga parte nella Piana del Sele, dove il settore interessa all’incirca 1.500 ha di serra. Questi sono occupati principalmente da rucola selvatica (850 ha), seguita da lattughino (400 ha), spinacio (150 ha), cicoria (75 ha), bietola (50 ha) e rucola coltivata (5 ha).

I “baby leaf”, dopo la raccolta, sono sottoposti a processi tecnologici di minima entità atti a valorizzarli seguendo le buone pratiche di lavorazione articolate nelle seguenti fasi: selezione, cernita, eventuale monda e taglio, lavaggio, asciugatura e confezionamento in buste o in vaschette sigillate, con eventuale utilizzo di atmosfera protettiva.

L’azienda Gaia, a carattere familiare, è una società semplice agricola, costituita nel 2008. Opera nella Piana di Montoro.  
L’agricoltura tradizionale dei nonni ha, col passare del tempo, lasciato spazio all’evoluzione, alle innovazioni tecnologiche intervenute nel settore, non perdendo mai di vista la genuinità e la qualità dei prodotti della terra.
Poco lontano dall’azienda c’è il centro abitato di Borgo, ai piedi della collina con il castello longobardo ed il santuario di san Pantaleone.
Cuore dell’antico abitato resta il monastero dei padri virginiani. Una presenza che ci porta a pensare ad una lunga continuità nell’uso edibile delle erbe. I padri virginiani -come i contadini del posto- uscivano ad erborinare.
Nicola Barbato rinnova, dunque, una tradizione che viene da lontano: con la sua offerta agli amici del GAB propone con le autoctone e le orientali la misticanza ed il mallone del terzo millennio.

Il mallone sciatizzo
Oggi è forte l’impegno di conoscere e valorizzare il patrimonio etnobotanico: le specie spontanee commestibili, coniugando conoscenza e utilizzo della flora spontanea come cultura e salvaguardia della biodiversità.
La riscoperta dell’uso delle specie spontanee commestibili fa parte di quei circuiti che vedono già uno stretto collegamento tra agriturismi, prodotti tipici e ruralità.

L’etnobotanica è la scienza che documenta gli usi delle piante nell’ambito delle tradizioni popolari delle diverse civiltà ed ha l’obiettivo di salvaguardare una conoscenza primordiale del mondo vegetale che se non fosse studiata sarebbe destinata a cadere nell’oblio. La valorizzazione e la divulgazione delle conoscenze sulla flora spontanea e dei suoi usi nell’alimentazione rappresenta anche un’azione di salvaguardia della biodiversità intesa nella sua accezione più ampia; la biodiversità, infatti, non è data solo dal numero di specie presenti in una zona, ma comprende anche i modi con cui le piante si coltivano e si utilizzano in cucina.
Uno dei piatti delle Fare longobarde, a base di erbe alimurgiche, era il mallone sciatizzo, oggi tipico di un’area: l'entroterra campano tra le province di Salerno e di Avellino in parte ricadente nel Parco Regionale dei Monti Picentini e un tempo rientrante nel Gastaldato di Rota, che ora vede l’insediamento dell’Università degli Studi di Salerno. E’ un piatto, quindi, che rimanda a significative connessioni tra cibo e territorio negli aspetti: geografico, ambientale, economico-produttivo, storico e linguistico, così come ricordato in una lettera di S. Paolino, citata dallo storico Pasquale Natella. 
Al vitto di ogni giorno si accompagnava l’holusculum, cioè un misto di erbe varie, che costituivano il pascone, o mallone ovverosia minestre, composte da foglie di rape, cardoni teneri, finocchio selvatico e cicoria, entro cui poteva stemperarsi il pane siligineus, di segala.
Le erbe citate da San Paolino per i vecchi contadini sono le erbe necessarie per il mallone ca ‘addora ‘e finucchie (con il profumo di finocchio). A queste erbe se ne possono aggiungere altre, disponibili al momento nella grande dispensa di Madre Natura: come le rapeste, i cavulilli, l’erba bianca, foglie di borragine.
Ancora oggi, Nicola e Concetta i farmacisti di Borgo, usciti ad erbonirare, con le loro mani esperte e gli occhi attenti individuano, tra l’erba alta, le  piante giovani. Con l'avanzare della maturità, infatti, la verdura diventa più fibrosa, perde l'originario sapore gustoso e diviene poco gradevole; in altri termini, essa non è più buona da mangiare.
Il sapore che si vuole dare al mallone sciatizzo inizia, dunque, con la raccolta delle erbe. Alle erbe necessarie vanno aggiunte in modo commisurato le altre che è possibile reperire sul territorio, a seconda della stagione. Tutte le verdure vanno lavate e bollite. Tolte al dente e scolate bene, vanno  poste a riposo in acqua fredda per un'ora circa in modo che perdano il loro sapore amarognolo. Intanto in  una casseruola va fatta soffriggere la cipolla o l’aglio (eventualmente con pancetta e peperoncino) nella sugna o nell’olio.
Successivamente va aggiunto il mallone tagliuzzato, eventualmente, nel ricordo di San Paolino, il pane di segala e il sale. Con una forchetta si gira e si rigira per far amalgamare bene.
Il mallone va consumato caldo, accompagnato da un corposo bicchiere di vino rosso.
LE ORIENTALI
L’insalatina Tatsoi appartiene alla stessa famiglia botanica dei cavoli, le brassicacee. E’ originaria della Cina e la sua coltivazione si è sviluppata in Giappone, la foglia assume la forma a "cucchiaio" ed è di colore verde ed è leggermente lucida. Questa piantina presenta un accrescimento eretto di un ciuffo di  4-5 foglie, di colore verde intenso, di forma ovale e molto carnose. Al gusto si presenta fresca e il sapore è quello della senape. Viene impiegata sia per la preparazione di insalate che per la preparazione di zuppe.


L’insalatina Mizuna è di origine orientale caratterizzata da una foglia dai margini frastagliati. Questa pianta è della famiglia della senape, e può essere utilizzata cruda in fresche insalate mixate con altre insalatine o cotta in zuppe o mescolata con patatine fritte.



La
Red Giant è una piantina dal portamento eretto e presenta foglie 4-5 foglie bollose di forma ovaidale. Il colore è rosso violaceo sull’esterno delle foglie ed il gusto, particolarmente aromatico, ben si presta per dare sapore alle misticanze.



IL PROGETTO : APRIRE UN RISTORANTE DIDATTICO
Poco lontano dall’azienda Gaia c’è la sede staccata dell’IPSEOA dell’ISISS G. Ronca di Solofra.
L’IPSEOA riserva particolare attenzione alle tecniche di promozione, vendita, commercializzazione, assistenza, informazione e  intermediazione turistico-alberghiera che valorizzino le risorse ambientali, storico-artistiche, culturali e enogastronomiche del territorio anche attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
Sono a tutti note le recenti vicende connesse al complesso virginiano di Borgo. Si è in cerca di una destinazione. Si potrebbe pensare ad aprire un ristorante didattico, luogo di sperimentazione delle misticanze e dei malloni, tradizionali e del terzo millennio?
In Italia i primi ristoranti didattici sono apparsi una ventina di anni fa.  La prima pioneristica esperienza è partita nel 1992 nel Cuneese, all'Istituto Velso Mucci di Bra, capace di accogliere 70 ospiti per cena. L'idea è di abituare i giovani studenti di istituti alberghieri e scuole di ristorazione al confronto concreto con il lavoro sul campo. Dal 1992 il loro numero è aumentato costantemente, così che si è costituita anche una rete che mette insieme circa cinquanta di queste esperienze. Ad essa aderiscono una cinquantina di Scuole di Ristorazione ed Istituti Alberghieri sparse in una decine di Regioni. E' un mondo spesso sconosciuto che si muove dentro ed accanto a queste strutture. La filiera delle Scuole di Ristorazione rappresenta l'incubatore di un settore strategico per l'intera economia del nostro Paese ed in essa sono coinvolti: decine di migliaia di studenti, migliaia i docenti ed i professionisti coinvolti nei percorsi di formazione,  migliaia sono anche i Ristoranti del territorio coinvolti nelle attività di stage e centinaia le aziende che portano i loro prodotti agroalimentari per essere “lavorati” dai ragazzi delle Scuole. È un mondo quello delle Scuole che, con i Ristoranti Didattici, apre i battenti al pubblico e coniuga la formazione dei giovani con una offerta ristorativa vera e propria. Le forme sono le più diverse come le cene di degustazione a tema con i prodotti stagionali del territorio.
Lo scopo fondamentale dei Ristoranti Didattici è certamente quello di far compiere agli allievi qualificate  esperienze formative in un ambiente che riproduce esattamente le condizioni del mondo del lavoro: il rapporto con il cliente, una qualità del servizio rapportata al prezzo dello stesso, il rispetto dei tempi del servizio adeguati alle esigenze dell'ospite, l'attuazione di norme igienico-sanitarie richieste dalle normative dei locali pubblici.
Ma oltre agli obiettivi formativi si pensi all'importanza strategica di educare le nuove generazioni di addetti all’enogastronomia  all'utilizzo dei prodotti agroalimentari tipici del nostro territorio: è un movimento di lungo respiro ma di fondamentale importanza per il consolidamento di un primato di qualità che l'Italia si sta conquistando nel mondo. Un movimento che ha ricadute sul turismo, sulla produzione agricola e quella industriale, oltre che, naturalmente, sulla filiera degli Alberghi, Ristoranti, Agriturismi, Pizzerie.




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